La seconda lettura di questa domenica XVII del tempo ordinario ci introduce in un capitolo fondamentale della lettera agli Efesini. Ne possiamo anticipare la traiettoria attraverso tre tempi, legati l’uno all’altro: l’unità come dono dall’alto e appello ad una risposta; la risposta nel servizio reciproco verso l’unità; le conseguenze etiche di questo appello.
I versetti che ascoltiamo oggi presentano il dono dell’unità in comunione («l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace», v. 3) attraverso la costante sottolineatura dell’ «uno/a solo/a»:
«Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza ala quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di spora di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6).
L’azione gratuita di Dio è limpida e al tempo stesso chiede una risposta. E bisogna notare come l’argomentazione completa inizia parlando dei discepoli di Cristo per finire in una visione più ampia, relativa all’umanità intera. Questa impostazione è raccolta dal Concilio all’inizio della sua costituzione dogmatica sulla Chiesa, affermandone una dimensione sacramentale in Cristo, quale «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium 1).
Questi versetti di Ef 4,4-6 potrebbero costituire una preghiera – professione di fede da ripetere ogni giorno, al mattino come alla sera. Farlo in modo continuo aprirà la nostra mente ad un’accoglienza sincera e generosa verso i nostri fratelli nella fede e nell’umanità.