L’Avvento è attesa. Attesa di una felicità promessa, ma non ancora compiuta in pienezza. La felicità non è rincorrere le proprie chimere, assecondare i propri capricci o voglie improvvise, ma fare la cosa giusta. Qui, non altrove. Ora e non in un futuro fumoso, utopico, fantasioso. Non sarà perfetta questa felicità, dovrà crescere per giungere a maturazione e pienezza, ma già qui e ora si può avere un assaggio e una caparra d’eternità. Avvento è attesa di una felicità che mi sta già venendo incontro.
Natale è narrazione: di un evento meraviglioso, una nuova nascita, di una gioia per un cambiamento che finalmente arriva; di un incontro che mi scopre bisognoso: di cure, di affetto, di amore. Natale è rinascita, qui e ora, sempre e ancora.
Così l’Avvento e il Natale sono vita vissuta qui e ora, nella mia carne, nella tua carne: attesa che alimenta il desiderio, desiderio che accende la speranza, speranza che diventa certezza, certezza che è fonte di gioiosa pace. Lo sguardo diventa capace di vedere oltre ciò che si vede, sotto la superficie delle cose. Occhi capaci di contemplare il mistero che prende forma, e si fa corpo e carne: un bambino, che è pane offerto, annunciato e preceduto da una stella, portatore di una promessa, di felicità, di vita. Scoprirlo nelle viscere della propria montagna, nella grande caverna che è nell’intimo di ogni uomo, nell’abisso che l’inabita: il proprio cuore.
Che cosa potrà colmarlo? Chi se ne prenderà cura? Quando si realizzerà il nostro Natale?
Il cuore è la stanza dove può avvenire l’incontro, decisivo, che può dare una svolta alla vita, che può, se si vuole, darne la direzione definitiva, verso la sua meta. Lì si compie l’incontro capace di farci capire chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando. Lì la conoscenza diventa gradatamente simpatia, poi amicizia, infine desiderio e bisogno d’unione, del per sempre, d’eternità.
Lì, in quella stanza segreta, quella del Re, dello Sposo, il silenzio e l’attesa si fanno adorazione e redenzione.
Giunti nella stanza del Re si comprende che la giustizia non è tanto qualcosa da fare ma Qualcuno da accogliere. È lì che avviene la consumazione dell’amore, divenendo pane spezzato: tempo dedicato, vita offerta.
Una luce brilla nella grotta, un vagito s’eleva al cielo stellato. Chi s’appressa alla grotta troverà come annunciato dagli Angeli: l’amore come fuoco, riscalda e illumina tutto, anche i cuori induriti, quelli divenuti roccia, caverna, buio.
Questo potrà guarirli? Basterà a curare la ferita?
Davanti a quell’altare, che è una povera mangiatoia, a testa alta, estasiati dallo stupore, vestiti di bianco, pronunciare il nostro: «Sì, lo voglio!»
Poi reclinando il capo, con un sospiro: «Tutto è compiuto!»
E lasciarsi amare. Ora è veramente Natale.