Continuando il suo discorso ai giovani sul tema dello stupore:
«E quando rimanete delusi per quello che avete fatto, c’è un altro stupore da non lasciarsi sfuggire: lo stupore del perdono. Su questo voglio essere chiaro: Dio perdona sempre. Siamo noi a stancarci di chiedere perdono, ma Lui perdona sempre. Lì, nel perdono, si ritrovano il volto del Padre e la pace del cuore. Lì Lui ci rimette a nuovo, riversa il suo amore in un abbraccio che ci rialza, che disintegra il male commesso e torna a far splendere la bellezza insopprimibile che è in noi, il nostro essere suoi figli prediletti. Non permettiamo che la pigrizia, il timore o la vergogna ci rubino il tesoro del perdono. Lasciamoci stupire dall’amore di Dio! Riscopriremo noi stessi; non quello che dicono di noi o che le pulsioni del momento suscitano in noi; non quello che gli slogan pubblicitari ci buttano addosso, ma la nostra verità più profonda, quella che vede Dio, quella in cui crede Lui: la bellezza irripetibile che siamo.»
Nel bagno di grazia che viene dall’essere perdonati da un amore che supera ogni nostra aspettativa che scopriamo quanto valiamo, il valore inestimabile di ogni vita, la dignità suprema di ogni essere umano. Le caratteristiche meritocratiche su cui si basa la società umana (qualità o doti particolari attribuibili al singolo individuo, traducibili in possibilità di monetizzazione) davanti a quest’amore sviliscono la loro forza individualistica e divisoria, aprendo lo spazio per relazioni tra persone basate sull’accoglienza, la condivisione, la cooperazione, la ricerca del bene comune e non solo del singolo. Solo chi sperimenta il perdono e l’amore di Dio è in grado a sua volta di perdonare e amare allo stesso modo.
Il Papa, citando le parole incise sul frontone del tempio di Delfi “conosci te stesso”, dice ai giovani di non dimenticare chi sono, «ossessionati da mille apparenze, da messaggi martellanti che fanno dipendere la vita da come ci vestiamo, dalla macchina che guidiamo, da come gli altri ci guardano… Ma quell’invito antico, conosci te stesso, vale ancora oggi: riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai. Non vali per la marca del vestito o per le scarpe che porti, ma perché sei unico, sei unica», perché figlio e figlia di Dio amati immensamente.
«Come Ulisse», continua il Papa, «nel percorso verso casa, anche voi nella vita, che è un viaggio avventuroso verso la Casa del Padre, troverete delle sirene. Nel mito attiravano i naviganti con il loro canto per farli sfracellare contro gli scogli. Nella realtà le sirene di oggi vogliono ammaliarvi con messaggi seducenti e insistenti, che puntano sui guadagni facili, sui falsi bisogni del consumismo, sul culto del benessere fisico, del divertimento a tutti i costi.» «Io vi capisco, non è facile resistere. Vi ricordate come ci riuscì Ulisse, insidiato dalle sirene? Si fece legare all’albero maestro della nave. Ma un altro personaggio, Orfeo, ci insegna una via migliore: intonò una melodia più bella di quella delle sirene e così le mise a tacere. Ecco perché è importante alimentare lo stupore, la bellezza della fede! Non siamo cristiani perché dobbiamo, ma perché è bello. E proprio per custodire questa bellezza diciamo no a ciò che vuole oscurarla.» «Fondamentalmente essere cristiano è lasciare che Dio ti ami, e riconoscere che sei unico, che sei unica davanti all’amore di Dio.»
Poi Papa Francesco passa a parlare del rapporto con gli altri:
«Sottolineo questo: vedere la vita come un servizio. È vero, servire gli altri è la via per conquistare la gioia! Dedicarsi agli altri non è da perdenti, è da vincenti; è la via per fare qualcosa di veramente nuovo nella storia. Ho saputo che in greco “giovane” si dice “nuovo” e nuovo significa giovane. Il servizio è la novità di Gesù; il servizio, il dedicarsi agli altri è la novità che rende la vita sempre giovane.» «Non accontentarti di pubblicare qualche post o qualche tweet. Non accontentarti di incontri virtuali, cerca quelli reali, soprattutto con chi ha bisogno di te: non cercare la visibilità, ma gli invisibili. Questo è originale, rivoluzionario. Uscire da sé stesso per incontrare l’altro. Ma se tu vivi prigioniero in te stesso, mai incontrerai l’altro, mai saprai cosa è servire.» «Tanti oggi sono molto social ma poco sociali: chiusi in sé stessi, prigionieri del cellulare che tengono in mano. Ma sullo schermo manca l’altro, mancano i suoi occhi, il suo respiro, le sue mani. Lo schermo facilmente diventa uno specchio, dove credi di stare di fronte al mondo, ma in realtà sei solo, in un mondo virtuale pieno di apparenze, di foto truccate per sembrare sempre belli e in forma. Che bello invece stare con gli altri, scoprire la novità dell’altro! Interloquire con l’altro, coltivare la mistica dell’insieme, la gioia di condividere, l’ardore di servire!»
Il pontefice invita i giovani a nutrire il coraggio della speranza attraverso le scelte:
«Scegliere è una sfida. È affrontare la paura dell’ignoto, è uscire dalla palude dell’omologazione, è decidere di prendere in mano la vita. Per fare scelte giuste, potete ricordare una cosa: le buone decisioni riguardano sempre gli altri, non solo sé stessi. Ecco le scelte per cui vale la pena rischiare, i sogni da realizzare: quelli che richiedono coraggio e coinvolgono gli altri.»
«Il senso della vita non è restare sulla spiaggia aspettando che il vento porti novità. La salvezza sta in mare aperto, sta nello slancio, nella ricerca, nell’inseguire i sogni, quelli veri, quelli ad occhi aperti, che comportano fatica, lotta, venti contrari, burrasche improvvise. Per favore, non lasciarsi paralizzare dalle paure, sognare in grande! E sognare insieme! Come per Telemaco, ci sarà chi cercherà di fermarvi. Ci sarà sempre chi vi dirà: “Lascia perdere, non rischiare, è inutile”. Questi sono gli azzeratori di sogni, i sicari della speranza, gli inguaribili nostalgici del passato.»
Nel congedarsi Papa Francesco augura ai giovani il coraggio di andare avanti, di rischiare, di non rimanere sulla poltrona: «andare verso gli altri, mai isolati, sempre con gli altri. E con questo coraggio, ognuno di voi troverà sé stesso, troverà l’altro e troverà il senso della vita.»