La seconda lettura di questa I domenica di quaresima riporta un lungo brano della prima lettera di Pietro, un brano nel quale il battesimo è collegato alla potenza della risurrezione di Cristo. È l’unico passo di tutto il Nuovo Testamento in cui il battesimo non è visto come una immersione nella morte salvifica di Cristo ma azione trasformante che agisce nell’intimo dell’uomo come invocazione di salvezza. Nel brano il battesimo è indicato come immagine del diluvio, secondo quella relazione che viene detta tipologia: una realtà salvifica parziale del Primo Patto (in questo caso il diluvio) anticipa la vera realtà salvifica, manifestatasi nel Nuovo Patto (il battesimo appunto).
La liturgia della Chiesa ha legato questa salvezza che il battesimo dona a due immagini complementari, entrambe segnate da un passaggio attraverso l’acqua: il mar Rosso e il Giordano. Nella tradizione liturgica di molte Chiese, tra cui quella latina, il battesimo è profetizzato dal passaggio del mar Rosso, avvenimento salvifico per il popolo ebreo, che viene così liberato dalla schiavitù d’Egitto. In altre Chiese, invece, come quella antica siriaca, si collega il battesimo col passaggio del Giordano quando Giosuè conduce il popolo nella terra promessa. Ne derivano due prospettive spirituali diverse.
L’immagine del mar Rosso mostra la vita cristiana come una vita dedicata alla lotta contro il male: il popolo d’Israele dovette passare quarant’anni nel deserto. L’immagine del Giordano mostra la vita cristiana come una vita che già anticipa delle gioie della vita promessa dal Signore, un’abbondanza di vita. Una corretta visione le unisce entrambe